San Biagio Platani, Archi di Pasqua 2014 Signurara: Sutt’arcu, N’capu arcu, e…

Real Tour tra i “magazzini” Arco Centrale Signurara1

Tradizione, vetustà, e radici antiche non solo meramente lemmi legati al vecchio, all’obsoleto ma ad un desiderio, una voglia di rimanere ancorati alle tradizioni popolari etniche e culturali di un qualcosa insito in Noi SAMBIAGESI. Da secoli, in quanto abitanti, ci è stata inculcata la dottrina del legame indissolubile “Sammrasi-Archi-Tradizione”, stravolgerne il significato significherebbe alterarne quell’equilibrio quasi cosmico itinerante nel tempo, come il periodo pasquale stesso. La conoscenza, la descrizione e la lettura della festa degli Archi di Pasqua non costituiscono il fine della ricerca, peraltro sempre aperta, ma solo un mezzo attraverso cui tentare di conoscere la complessa realtà socio-culturale di San Biagio Platani. Questo legame, seppur sottile, è visibile in alcune personalità sambiagesi che ancora oggi si cimentano per passione e devozione nella creazione dell’Arco Centrale. In questi giorni frenetici, come ogni anno d’altronde, ci siamo recati nell’ex asilo nido (NdR che peraltro rasenta un distruzione quasi totale), ci hanno accolti, i veterani tinti di rosso: quattroMichele Calderone, Filippo Alessi, Nino Grado e, dulcis in fundo, Salvatore Virone. Gli odori, i colori presenti nell’edificio fanno affiorare quel trait d’union indissolubile con la tradizione e con la voglia di mantenersi incastonati a quello che era e che per certi versi non c’è più. Colloquiando con l’Artista che ha, per mera passione e devozione, creato autentiche meraviglie in questi ultimi anni, si capisce subito la classe cristallina e la pazzia artistica insita in colui il quale ha adornato, durante le giornate ma soprattutto le nottate pre-montaggio, le opere che hanno incantato i visitatori del panorama pasquale. Spiegano – le quattro personalità presenti – che anche quest’anno si è voluto riordinare il rapporto con il passato non solo producendo tutto come vuole tradizione ma utilizzando una tecnica, color seppia, (del XX secolo) per riabbracciare le antiche qualità cromatiche del folclore. La realizzazione, puntualizzano, non sarebbe mai potuta avvenire senza l’aiuto di espedienti esterni ma insiti nella natura, vino e birra, compagni inseparabili delle giornate pre-pasquali. Nel prossimo articolo verranno illustrate, grazie al contributo di Michele Calderone, le varie parti e la terminologia antica legata all’Arco Centrale.

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