San Biagio Platani: oggi si festeggia il nostro Patrono
Il calendario festivo della comunità sambiagese ricalca la scansione celebrativa delle società agricole, in cui lo scorrere del tempo è strettamente correlato all’avvicendarsi delle stagioni e dei suoi momenti lavorativi (dal periodo della semina a quello del raccolto). Ciò ha determinato nelle società a vocazione agro-pastorale la scomposizione della totalità del tempo lineare in più momenti temporali, frazionandolo e ricomponendolo culturalmente con lo scopo ultimo di selezionarlo e calendarizzarlo in un processo di controllo rituale, attraverso il quale si esorcizzano le incertezze e la precarietà del vivere quotidiano. Alla creazione di elementi temporali più “contratti” è collegata la “iterazione” di un evento lontano nel tempo, che scandisce mediante la sospensione del quotidiano, la riproposizione rituale di un tempo ciclico. L’articolarsi del continuum temporale presso queste tipo di comunità costituisce un calendario pratico , che assolve al bisogno di scandire la vita economica della collettività, e un calendario religioso nella cui cornice si organizza la vita celebrativa e sociale della stessa. Il territorio di San Biagio Platani, centro agricolo della provincia di Agrigento, prende il nome da uno dei tre feudi, San Biagio, Gialdonieri e Mandralia che ne costituivano l’antica Baronia. Alla denominazione venne inoltre associato un elemento di carattere naturale, peculiare del luogo: il fiume Platani. Come altri centri di nuova fondazione anche S. Biagio Platani lega la propria esistenza alla magnificenza di una personalità locale il barone Don Giovanni Battista Gerardi, che nel 1635 ottenne dal re Filippo IV di Spagna la licentia populandi allo scopo di congregare gente nel suo feudo per incrementarne l’attività agricola e trarne prestigio e potere. Da qui la scelta del toponimo da dare al nuovo centro abitato e l’imposizione del nome del Santo patrono San Biagio. Nella scelta operata dal barone probabilmente può essere riscontrata la volontà dello stesso di legare indissolubilmente la comunità agricola nascente al santo, rimarcandone la peculiarità che ad esso veniva riconosciuta di essere oltre che protettore della gola anche dei contadini e degli animali elementi trainanti di sussistenza economica, familiare e sociale. Questa peculiarità di carattere agrario comune a molti centri dell’isola deriva probabilmente dall’indissolubile legame tra la nostra terra e i riti precristiani che ivi ha generato connessi al periodo di passaggio tra l’inverno e l’approssimarsi della primavera (tempo rituale per eccellenza in cui ricade la relativa festa celebrata il 3 febbraio). San Biagio, dal latino Blasius, vescovo di Cappadocia deve la sua popolarità alla leggenda tramandatasi nei secoli secondo la quale salvò un bambino da una spina conficcatasi nella gola; l’iconografia ricorrente infatti lo rappresenta in abiti vescovili con mitra e pastorale, al fianco del quale è raffigurato un angelo con la palma in mano simbolo del suo martirio avvenuto nel 316 attraverso lo strumento del cardo. Questa leggenda trova esplicazione ai giorni nostri nella gestualità del rappresentante ecclesiastico della comunità il quale, nel tempo rituale della festività durante la funzione, tocca la gola dei fedeli con l’imposizione di due candele incrociate benedette precedentemente.
Peculiarità della festa è la preparazione, da parte dei fedeli, di piccoli pani devozionali chiamati “panuzza di San Brasi” perlopiù di forma tonda cuddureddi, a forma di gola cannaruzzeddi, talvolta anche a forma di cardo o di pastorale che vengono distribuiti tra i fedeli. A questi pani votivi, offerti per grazia ricevuta, viene attribuita la proprietà di preservare la gola da eventuali malattie e insidie di ogni genere. L’acclamazione di un santo a patrono dell’abitato non impedisce però al popolo di rivolgere la propria devozione ad un altro santo che ne travalica spesso in fama la venerazione e la popolarità. Questo è il caso di San Giuseppe a San Biagio Platani. La data del 19 marzo coincide con l’equinozio di primavera, periodo emblematico del calendario stagionale, che sancisce la fine dell’inverno e apre il ciclo solare delle feste, proponendo la messa in atto di meccanismi collettivi di antica tradizione e cultura.