La storia: San Biagio Platani

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San Biagio Platani

La storia di San Biagio Platani

La storia: 3 ottobre 1635

La storia: Il territorio di San Biagio Platani, situato su un altopiano fra le vallate dei fiumi Platani e Turvoli, presenta tracce di insediamenti romani, bizantini, e saraceni. Le origini risalgono al 1635, anno in cui Giovanni Battista Gerardi ottenne la “licentia populandi” (3 ottobre 1635) dal Viceré ispanico col titolo di barone di San Biagio. Egli quindi fece edificare una piccola chiesa ad una navata e un nucleo di abitazioni, stalle, pagliere e magazzini. La Terra di San Biagio venne così popolata da contadini e artigiani (falegnami, fabbri, muratori, cordai, maniscalchi) venuti dai paesi vicini, soprattutto da Casteltermini.
Il feudo di San Biagio inizialmente era composto dalle terre di San Biagio, Gialdonieri e Mandralia.
Dal 1640 al 1655 si susseguirono i seguenti feudatari:
1640 Pietro Gianguercio
1648 Antonina Gianguercio
1649 Cesare Gianguercio
1655 Carlo Setaiolo
Nel 1660 è stato poi aggiunto il feudo di Ragattano.
1665 Antonina Gianguercio
1666 Diego Ioppolo
Nel 1687 Imposizione del Ducato di San Biagio
1687 Antonino Giuseppe Ioppolo
1690 Pietro Ioppolo Gianguercio
1716 Ludovico Ioppolo Spatafora
1733 Ludovico Ioppolo Pescatore
1769 Agesilao Bonanno Ioppolo
1810 Agesilao Gioeni Bonanni => 1812 fine del feudalesimo.

Nel 1863 si aggiunse il nome Platani per distinguere questo comune dagli altri centri italiani con lo stesso toponimo.Nella fondazione di San Biagio fu seguito lo schema tipico della fondazione feudale che prevedeva la costruzione a spese del barone dei primi alloggi, in genere da 80 a 100 case, e delle infrastrutture essenziali del nuovo agglomerato, cioè la chiesa, il palazzo baronale, il carcere, i locali per la sede dell’amministrazione comunale e per le rivendite dei generi commestibili. A meno di vent’anni dalla fondazione, nel 1653, la nuova terra di San Biagio contava 343 abitanti che diventano 1.085 nel 1714, il centro urbano che si andava formando costituisce il cuore del centro storico. Oltre la chiesa parrocchiale e il Palazzo del barone si andavano costruendo le casette rustiche, una evoluzione del pagliaio. La domus solerata, cioè l’abitazione suddivisa in due piani con un solaio in legno; al piano terra si lavorava, si man­giava, si viveva; il piano superiore, accessibile mediante una scaletta, serviva per la notte. Nessun servizio; nessuna finestra; aria e luce entravano, quando entravano, dalla sola porta. La vita si svolgeva sulla strada. La produ­zione più abbondante di queste terre fertili era quella del frumento, che faceva guadagnare alla Sicilia l’appellativo di granaio d’Italia. Non mancavano le coltivazioni di fave, ceci, avena come di viti, mandorle, ulivi. Sino alla metà dell’800 il paese era ristrutturato in quartieri (Piazza, Madre Chiesa, Pili, S. Domenico, Carmine, Canale, S.Marco, S.Antonio, Canalello), ma a partire dal 1846 venne adoperata una toponomastica per le strade interne che presero la denominazione dei cognomi delle famiglie più note che vi abitavano. Invece un considerevole sviluppo in estensione urbanistica e in popolazione si ebbe dopo l’Unità d’Italia (1860).

La storia e lo sviluppo dell’impianto urbano di San Biagio Platani

Le regole che presiedettero alla formazione dell’impianto urbano di Sammrasi, sono quelle tipiche dei paesi di nuova fondazione agricola in Sicilia che, nell’ottica del popo­lamento dei feudi per la loro messa a coltura, miravano ad organizzare la residenza dei co­loni, con la definizione ed il dimensionamento dei singoli posti-casa e la loro aggregazione in isolati normalizzati. Nel caso di San Biagio, in considerazione della morfologia del luogo prescelto per l’edifica­zione, caratterizzato dalla presenza di un modesto rilievo con pendenza pressoché costante verso meridione, venne stabilito un tracciato che, relazionandosi ai caratteri orografici ed a questi adeguandosi, ne colse gli aspetti connotativi salienti, interpretandoli adeguatamente sul piano organizzativo.

Venne utilizzato un impianto di tipo ortogonale, pur se si è riscontrato un lieve discostamento dall’angolo retto tra gli assi dovuto con ogni probabilità a lievi imprecisioni nel tracciamento. Asse portante dell’impianto era, ed è tuttora, il corso Umberto I  “Strada Piazza”, della larghezza di circa 9 metri, disposto in direzione Est-Ovest che, con andamento parallelo alle curve di livello, taglia a metà il rilievo stabilito per l’edificazione. Il rettilineo si interrompe ai due estremi a causa della naturale conformazione del terreno che, al limitare del piano in­clinato su cui si raccoglie l’abitato, subisce un repentino accentuarsi delle pendenze. Nel punto in cui avviene il cambio di pendenza si aprono simmetricamente due slarghi “Lu Poiu e la Cruci”.

L’asse viario prosegue poi, in sede extraurbana, con andamento naturalmente meno rego­lare, data l’acclività del territorio, sul lato ovest, in direzione dell’abitato di Cianciana, an­ch’esso possedimento dei duchi di San Biagio, sul lato est in direzione di Casteltermini, attra­verso la strada di “Garipi”, così denominata perché collegava il centro con l’importante sor­gente omonima. Per quasi tutto il XIX secolo (1800), l’impianto del rettifilo, aperto sui due estremi, venne occluso sul lato orientale con la costruzione della piccola chiesa del Purgatorio, poi demolita a fine secolo.

Questo asse “Mezzu la Chiazza” anche sul piano sociale e culturale rappresenta il ful­cro della scena urbana, è qui infatti che continuano a svolgersi le maggiori festività religiose, in particolare i popolari riti sambiagesi. Da questo punto centrale si diparte, in direzione sud, verso i territori del feudo Mandralìa e il vicino abitato di Sant’Angelo Muxaro, l’altro principale asse urbano, oggi viale della Vit­toria “Strada Chiarenza”, il cui impianto scenografico è sottolineato dal fondale architet­tonico, rappresentato dal prospetto principale della chiesa Madre. Si tratta di una strada di larghezza doppia rispetto all’asse ordinatore, disposta in salita. Caratteri analoghi per dimensioni e assetto assumeva la sua parallela, via Veneziano “Strada Vaccaro”, impostato sul fon­dale del Palazzo Ducale. A completare l’ossatura portante della struttura urbana, concorrono le due strade parallele, anch’esse distaccantesi da Corso Umberto I, questa volta in direzione nord, che conducono la prima, strada Calvario”, allo spiazzo a fianco della chiesa del Carmelo, in cui è ubicato appunto il Calvario, l’altra in direzione di Alessandria della Rocca e quindi Bivona. L’andamento rettilineo di questa, analogamente a quanto descritto per la strada Piazza, si interrompeva in corrispondenza di uno slargo, detto “La Guardiola”. Una particolare considerazione meritano questa serie di slarghi,oggi utilizzati come Bel­vedere, quelli sulla Strada Piazza hanno assunto la denominazione di piazza Pertini “La Cruci” e piazza Saragat “Lu Poiu”, mentre la Guardiola ha mantenuto il suo ori­ginario toponimo. Rappresentavano elementi di sutura tra l’abitato e la campagna e, fino a qualche anno addietro, erano i luoghi in cui si raccoglievano le donne in attesa dei mariti, al ritorno dal lavoro nei campi (fig.20)

Vecchia divisione del territorio urbano (storia)

Sorto a partire dal 1635 per iniziativa diretta del feudatario Don Giovanbattista Gerardi, il centro venne da questi e dai suoi successori dotato, oltre che delle chiese, di tutte quelle strut­ture che oggi con termine della tecnica urbanistica definiremmo “attrezzature civili”, neces­sarie per l’amministrazione della terra e per la sua organizzazione produttiva ed economica.Varie istituzioni erano allocate all’interno del palazzo baronale che non costituiva esclusi­vamente la residenza del feudatario, quanto piuttosto il centro amministrativo della terra e del feudo nonché degli interessi economici diretti del Duca. L’edificio venne anzi abitato molto saltuariamente dai feudatari, che preferirono invece le dimore palermitane.

A: Quartiere Purgatorio

B: Quartiere Chiarenza

C: Quartiere Giudice

D: Quartiere Matrice

Quartieri San Biagio Platani

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